Quantcast
Channel: Nicola Lagioia | minima&moralia
Viewing all articles
Browse latest Browse all 105

“Arcipelago N.”, il nuovo libro di Vittorio Lingiardi

$
0
0

Questo pezzo è uscito su Il Venerdì, che ringraziamo.

di Nicola Lagioia

Subito prima di sfasciare la sua stanza e, così facendo, di ritrovarsi tra le mani la palla di vetro che lo ricondurrà alla scena madre del suo trauma infantile (“Rosabella”), Charles Foster Kane, protagonista di quel capolavoro della cinematografia di tutti i tempi che è Quarto Potere, viene mollato dalla seconda moglie Susan. La donna è stata prima spinta in modo scriteriato dal suo potente e ricchissimo marito a intraprendere una fallimentare carriera nel mondo della lirica, quindi è stata vessata, isolata e praticamente rinchiusa a Xanadu, l’incredibile casa-museo in cui si riflette deformata la megalomania e la solitudine di Kane. Ma il momento della resa dei conti arriva sempre, in questi casi.

“Qualunque cosa faccia, la faccio perché ti amo”, Kane cerca di trattenerla.

“Non mi ami. Vuoi che io ti ami”, risponde Susan.

“Per favore, non andare. Non devi andare. Non puoi farmi questo!”

“Capisco”, sorride amaramente Susan, incredula per come l’uomo abbia potuto tradirsi, “quindi è a te che viene fatto questo. Non sono affatto io, non è quello che significa per me. Non posso farti questo? Sì, posso”, e se ne va, lasciando Kane/Welles solo con la sua rabbia.

Charles Foster Kane è uno dei personaggi cinematografici – insieme a figure esemplari provenienti dal mondo della letteratura, dell’arte, nonché dal mito classico – presi in esame Vittorio Lingiardi nel suo ultimo lavoro, Arcipelago N. Si tratta di un libro snello quanto denso, ricco di fascino ma soprattutto utile per come prova a isolare quel multiforme, sfuggente e al tempo stesso sempre più ingombrante spettro che funesta le giornate e la vita di molti di noi: il narcisismo.

“Conosci te stesso” era inciso all’ingresso del tempio di Apollo a Delfi. La strada della consapevolezza tuttavia, ricorda Lingiardi, è sempre associata all’idea di limite: ci si può conoscere solo in ragione della propria finitezza, mentre al contrario il narcisista, avendo di sé un’idea smisurata, non ha spazio per vedere gli altri, di conseguenza fatica a sapere chi è. Abbiamo una speranza di venire in contatto con noi stessi solo attraverso i nostri simili, non guardandoci allo specchio. Difatti il Narciso di Ovidio scambia il proprio volto riflesso nell’acqua per un altro, e questo gli sarà fatale.

Non tutto il narcisismo porta a ogni modo male e sofferenza: mantenuta entro i livelli di guardia, un’adeguata la stima di sé può alimentare la creatività e l’anticonformismo, all’occorrenza è fonte di una vera esperienza trasformativa. Ma se all’egocentrismo si aggiunge una continua ricerca di ammirazione, pochissima empatia, l’aspettativa di godere di privilegi non dovuti, un’opinione eccessiva della propria importanza, la mancanza di ogni senso di gratitudine, l’insoddisfazione perenne, la propensione a manipolare il prossimo, a rovesciargli addosso ogni aggressività quando in lui non ci vediamo come vorremmo, allora sono guai.

Il narcisista si chiude una dolorosa gabbia di solitudine, e rende la vita impossibile a chi gli sta intorno. Riconoscere i narcisisti patologici non è però così agevole. Partendo dall’indagine dello psicoanalista britannico Herbert Rosenfeld, Lingiardi distingue i narcisisti “a pelle spessa” da quelli “a pelle sottile”. I primi sono facili da individuare: l’arroganza della loro condotta e le sfiancanti richieste d’attenzione saltano all’occhio. Meno visibile è il narcisismo silenzioso, quello di chi, macerandosi nel senso di inadeguatezza, vive angosciato dal giudizio altrui, si sente indegno dinanzi allo spettacolo del mondo ma al tempo stesso, nascosto nell’ombra, cova fantasie sempre più grandiose. Il disturbo della personalità, in questi casi, può nascondersi perfino dietro un eccesso di premura, come se il fine ultimo di chi esagera nello zelo non fosse beneficiare gli altri, ma essere apprezzato.

“In ogni narcisista grandioso si nasconde un bambino che si vergogna”, scrive Lingiardi, “in ogni narcisista depresso e autocritico si annidano le fantasie di un bimbo onnipotente”.

Ma come fare, in un mondo che favorisce l’esibizione e l’autopromozione (pensiamo ai social), a riconoscere la linea che separa la patologia dall’adattamento culturale? E quale ruolo dovremmo giocare in una società (pensiamo a Donald Trump) che non di rado si fa rappresentare da narcisisti che fuori dalla stanza dei bottoni diventerebbero probabilmente un caso clinico? “Il male è due cose”, Lingiardi cita Otto Kernberg, “è una patologia individuale che va trattata, ma può anche evolvere in forza sociale indipendente dal singolo e provocare un’epidemia generale, che a quel punto non deve più essere curata, ma combattuta”. Rischiamo di passare dalla “cultura del narcisismo” di cui scriveva Christopher Lasch alla fine degli anni Settanta a una devastante “cultura della psicopatia”?

A far sbocciare il fiore nero del narcisismo maligno concorrono il contesto sociale, la famiglia in cui siamo cresciuti, il temperamento che ci caratterizza. Arduo è il compito dei professionisti della salute mentale. Spesso il narcisista patologico è, come abbiamo visto, un maestro della manipolazione, e così non è raro che muova abilmente le corde dell’irritazione, della frustrazione, della pazienza del terapeuta a cui pure si è rivolto dopo che nella sua vita qualcosa ha iniziato a incagliarsi. C’è tuttavia sempre una differenza, ricorda Lingiardi, tra il narcisismo di una singola persona e quello del suo stereotipo socio-culturale. Così, finito il Novecento, addentrandoci in un’epoca che sta ridefineno il concetto stesso di “personalità”, non dobbiamo dimenticare che dietro il frastuono (o il cupo silenzio) che il narcisista sparge intorno a sé c’è sempre una persona bisognosa di ascolto. Saper evadere dalla gabbia dell’io. Cercare un equilibrio tra affermazione personale e riconoscimento dell’altro. Ritrovare la complessità. Ricordarci soprattutto che “non siamo pezzi unici né tutti di un pezzo”, siamo il frutto di una interdipendenza, della continua relazione con ciò che ci sta intorno. Ecco una risorsa per provare ad arrivare in modo degno all’altro capo del secolo.

The post “Arcipelago N.”, il nuovo libro di Vittorio Lingiardi first appeared on minima&moralia.

Viewing all articles
Browse latest Browse all 105

Trending Articles